giovedì 9 ottobre 2014

Pensieri "(in)volontari"

Mi piace affacciarmi dalla finestra del piano di sopra, guardare la vita della High Street che scorre senza fretta.
La sensazione di poter accedere a quei piani, che di solito guardo da fuori passeggiando tra i negozi, mi fa sentire sempre meno turista e sempre più "dentro" la città.
Trovare dei luoghi familiari, salutare qualcuno, comporre una piccola routine.

Mi piace camminare in fretta la mattina sapendo dove sto andando. Per quanto io ami visceralmente il non sapere dove andare e cosa fare esattamente, sono in una fase in cui l'esecuzione ripetuta di quei pochi, semplici passaggi, ogni giorno, mi fa sentire accettata da questo nuovo posto.
Il posto che mi sono scelta come casa e in cui mi sto "costruendo" un'aria di casa.

Sto cercando lavoro; ancora non l'ho trovato.
Intanto però avevo bisogno di immergermi in questo luogo, tra la gente.
Mi sento attiva, viva; dopo essermi sentita fortemente scoraggiata.
Il movimento, in ogni senso, fa bene al cervello, a farlo sentire vivo.
Per questo non riesco a stare ferma ora, ho la testa in un sacco di progetti e ho tante idee, ma forse sto anche imparando a organizzarle. Lo spero, ci sto provando.
E invece di scoraggiarmi, resto in movimento, costante. Faccio, faccio, faccio.
Non importa se non vedo un riscontro immediato.
Che se io mi continuo a muovere, poi si muoverà anche tutto il resto. 

mercoledì 8 ottobre 2014

Poche ore a Edimburgo: abbastanza per innamorarmene follemente

Mezz'ora di treno tra prati verdi e mucche rilassate.
Di tanto in tanto una rapida fermata, un orto, un cimitero di campagna, i tetti delle cittadine che attraversiamo.
Impaziente, scruto dal finestrino. Il paesaggio comincia a cambiare e l'avvistamento di guglie varie conferma che siamo finalmente in città.


Edimburgo mi accoglie in grande stile, mi conquista ancora prima di mettere piede giù dal treno: il castello mi da il benvenuto, dalla sua rupe, guardandomi bonariamente dall'alto e io lì, col naso all'insù attaccato al finestrino, davvero non me lo aspettavo di passargli già così vicino. Il livello di euforia a quel punto aveva già raggiunto limiti difficilmente controllabili.
Arrivati alla stazione di Edimburgo Waverley, l'incanto non si interrompe: la città continua a salutarmi dall'alto, attraverso le vetrate che formano il soffitto della stazione, e la voglia di uscire lì fuori è incontenibile.
Poi si esce, un suono lontano di cornamuse mi accoglie mentre il vento mi spettina i capelli.
Quel brivido che mi scorreva lungo schiena e braccia, era inequivocabilmente pelle d'oca. Il tempo di guardarmi intorno, gli occhi affamati e il sorriso stampato, fare i primi passi su Princes Street, guardare a sinistra e poi davanti a me, lo Scott Monument, e la musica, le cornamuse sempre più vicine, seguirle come un canto di sirene, euforica, ipnotizzata, commossa da tanta bellezza tutta insieme. E la sento, una lacrimuccia di felicità che spinge per uscire, inadeguata, e viene bloccata a fatica dal buon senso.




Un colpo di fulmine. In piena regola.

Cercando di ricompormi dall'emozione, mi riunisco corpo e (mezza) anima agli altri e ci lanciamo all'esplorazione. Attraversiamo Princes Street Garden, passando davanti alla Scottish National Gallery e ci dirigiamo verso la scalinata che porta su Market Street. La passeggiata nel parco ha, tra l'altro, previsto l'incontro ravvicinatissimo con uno scoiattolo dall'aria strafottente che ci ha prima intimato con lo sguardo di dargli qualcosa, e poi si è lanciato direttamente di corsa verso di noi, con tanto di urla isteriche di Niccolò, che fuggiva. Belle cose.


Con un accenno di fiatone, sbuchiamo su Market Street, la attraversiamo, giriamo su Bank Street e ci ritroviamo sul famosissimo Royal Mile, decisi ad andare a conoscere il castello da vicino, ma, prima di tutto, a pranzare.
Ovviamente, ci lanciamo più o meno nel primo pub che troviamo, che nonostante le scarse aspettative si rivela niente male. Anche la vista ha il suo perché e l'atmosfera è rilassata e accogliente.


Qualcuno ha provato l'haggis e ce l'ha tipo ancora sullo stomaco, ma con soddisfazione.
Quel qualcuno non sono io ovviamente.

Riforniti oltre il necessario di grassi saturi e birra, ci incamminiamo finalmente verso il castello, camminando lentamente e godendoci l'atmosfera del Royal Mile, sicuramente turistica ma terribilmente affascinante.




Quando dico turistica intendo che trovi gente vestita da William Wallace con cui fare la foto, kilt sintetici e cashmere come se piovessero in vetrina, e addirittura gente vestita da Chewbacca col kilt-nonchiedetemiperché; episodio, quest'ultimo, che ha provocato un leggero scompenso nel mio cinquenne coraggiosissimo. Anche se il tocco di grazia gliel'ha dato, poco dopo, uno agghindato da Yoda che "volava" sul marciapiede, al cui incontro Nicco ha fatto quattro salti indietro e lo sguardo inorridito, mentre quello, non contento si fermava e lo indicava. Il terrore per un minuto. Ovviamente non gli abbiamo lasciato manco un penny, in compenso c'abbiamo guadagnato sicuramente qualche notte insonne con Nicco con gli incubi :)

Tra una stranezza e l'altra si arriva al castello.
 La vista dall'Esplanade è molto bella; quello che mi colpisce particolarmente è che ci siano colline verdi e assolutamente vuote a vista d'occhio, nonostante la città non sia troppo piccola. Fa un bell'effetto, e fa tanto Scozia da cartolina (e noi, ovviamente, non l'abbiamo fotografato -.-).

L'ingresso al castello è "leggermente" proibitivo, e infatti abbiamo rimandato a una visita futura, anche per il poco tempo a nostra disposizione, in realtà.


Ridiscendiamo lungo il Royal Mile, arriviamo a St Giles, la cattedrale, e il mio entusiasmo si smorza quando scopro che non è visitabile dalle due alle quattro per una funzione privata e, toh, sono le tre e abbiamo il treno alle cinque. Anche qui, torneremo presto.
Continuiamo a camminare, affacciandoci più o meno ad ogni Close che incontriamo. Anche qui, con ogni scorcio è amore a prima vista.



Arriviamo all'incrocio con Cockburn Street e, ovviamente, la imbocchiamo.
Tappa obbligatoria di chiunque passi da Edimburgo, la famosissima strada ci accoglie, caratteristica e piena di negozietti tipici e locali.





Siamo di nuovo giù, in Market Street, attraversiamo il ponte sulla ferrovia e siamo a Waverley. Troppo poco tempo per arrivare a Holyrood e Arthur's Seat, così camminiamo senza meta, guidati dal flusso di gente che si dirige verso Leith Street.

Passato il centro commerciale, l'atmosfera si fa decisamente meno turistica e più intima.
Camminiamo su Broughton Street, poi Albany Street e risaliamo da Dublin Street, e ammetto di aver sbirciato in ogni basement e finestra a pianterreno per cogliere un po' di più della vita della città. Immaginando di viverci, indovinando la vita di chi ci abita davvero, solo guardando un dettaglio alla finestra.
Ho adorato i mini cortili allestiti nei basement, oltre ai localini e ai negozietti nascosti lì, nei sottoscala. Delizioso, è l'aggettivo che sceglierei per tutto questo.



Tempo di ripassare da York Place ed è già ora di salutare la città.


Ci avviamo alla stazione, mi porto dietro una scia di felicità ed entusiasmo che mi accompagnano lungo tutto il viaggio, nonostante la stanchezza, di tutti, soprattutto quello sotto il metro e mezzo, si faccia sentire.

Il ritorno a Falkirk, dopo una giornata così densa di emozione, è strano. L'impatto è una sensazione di vuoto, ma anche di rassicurante tranquillità che ti fa sentire a casa.
Ma questa è un'altra storia.




martedì 7 ottobre 2014

La scema del villaggio

Ho chiesto dove li mettiamo i gatti, tenendo in mano tre cappellini.
Osservato attentamente per qualche minuto il bollitore, di cui non trovavo l'interruttore.
Infilato tre lastre di vetro dentro una scatola verde incriccata in un disordinatissimo stanzino dietro la cucina, invece di metterle nel secchione verde, nello stanzino dietro le mensole con gli articoli da cucina.
In tutte queste occasioni sono stata prontamente ripescata, due su tre dalla signora Helen, energica come pochi, che mi ha colta in flagrante mentre facevo stronzate e mi ha riportata sulla retta via.
Tipo che stavo con un piede sullo scaffale e l'altro sull'aspirapolvere con le lastre di vetro in mano e mi sbuca dalla porticina così: "What are you doing here? Ooooh not in this cupboard, dear. AAAAAnne, could you please put her on the right way to the cupboard?" e mi lancia al piano di sotto.
Ah proprio su un altro piano stavo, oltre che pianeta. Vabbè.
Oppure c'è Jeanette, carinissima, settantennissima, scozzesissima. Voi capite.
Ecco, io di Jeanette capisco tre parole su dieci. Lei lo ha capito al volo stamattina, e a un certo punto, come farebbe una qualunque nonnina chiusa nel suo accento, ha cominciato a parlarmi con grandi gesti. Oppure mi da un tocco sulla spalla e si esprime con parole elementari.
Cioè Jeanette mi ha presa per rincoglionita, ma vabbè, je vojo bene uguale.
Poi c'è un signore, tanto carino e tanto tanto simpatico.
Non ho capito come si chiama e a dire il vero non capisco mezza parola quando parla lui. Però è simpatico, si vede, ecco.
Insomma sto lì, come una appena cascata dalle nuvole, sorrido a intervalli regolari, mi aggrappo fiduciosa a parole che intercetto qua e là, mi guardo intorno disperatamente alla ricerca di improbabili oggetti che mi vengono richiesti. Per la serie, cercavo un finocchio ed era un imbuto: qua "funnel" lo pronunciano proprio "fenn(e)l", insomma bisogna farci l'orecchio.
Tu PENSI di saper parlare inglese, poi vieni in Scozia, e ce ripensi.

Però almeno il lavoro mi piace, peccato sia gratis. Ma so' dettagli.
Venerdì forse sto alla cassa, già rido all'idea. Sarà fantastico.

(Poi in un altro post vi racconto cosa trovo nei sacchi delle donazioni, eh)




sabato 4 ottobre 2014

IL form

E infine David si è palesato. L'universo ha accolto il mio SOS.

Ovviamente, non poteva accadere in un momento in cui mi trovavo rilassata sul divano di casa, no; anche stavolta il vassoio ha squillato quando non doveva: esattamente alle 2 e 58 di un venerdì pomeriggio, nel parcheggio antistante la scuola di Niccolò.
La campanella dell'uscita suona alle 3.
Io, di nuovo senza auricolari.
Fantastico.

Almeno non ero sola e Fabio ha provveduto al raccattamento del figlio, mollandomi con 'sto coso che squillava, semi nascosta tra le macchine parcheggiate, a cercare di isolarmi il più possibile.
Rispondo ed eccoci qui, David, a noi, finalmente.

E che voleva? Offrirmi un lavoro fighissimo e super pagato? Informarmi che un ignoto parente era deceduto dall'altra parte del globo lasciandomi un'eredità tale da campare di rendita vita natural durante?
Sembra incredibile, ma niente di tutto ciò.

Dovete sapere che sto affiancando la mia ricerca di un lavoro qualunque alla ricerca di qualcosa, qualunque, da fare durante le mie giornate ancora poco indaffarate. E così prenoto lezioni di arte, mi incastro in impegni segretissimi e indicibili e esilaranti da raccontare se solo potessi, vagabondo per la città, scrivo i meglio affari miei su un blog e mi propongo per progetti di volontariato.
Volontariato? Tesoro bello, stai là pe' lavorà, mo' che c'entra il volontariato?-giustamente mi faceva notare qualcuno poco fa su whatsapp.
Eh, lo so, ma io da qualcosa dovrò pure cominciare, io sono un essere sociale, socievole, socializzatore.
Tra un po' parlo con il frigorifero e mi rispondo con le letterine magnetiche che ci stanno sopra, capitemi.

E così mi sono proposta come volontaria in uno dei numerosissimi charity shop della città.
I charity shop, che genialata. Io li adoro.
Per chi non avesse idea di che diavolo siano, si tratta di punti vendita che fanno capo a fondazioni varie, a cui la gente regala ciò che non gli serve più (mobili, vestiti, libri e chi più ne ha più ne metta). Il materiale viene rivenduto a prezzi irrisori e il ricavato va a finanziare i progetti, soprattutto di ricerca o comunque di beneficenza, di cui si occupa ogni fondazione nello specifico. Chiaramente una parte dei guadagni copre le spese di gestione del negozio, il quale però viene gestito da volontari, che scelgono quante ore impegnarsi e con che frequenza.
Mi sembrava un buon modo per buttarmi nella mischia, e oggi sono andata a toccare con mano di cosa si trattasse.

Ho conosciuto David, il manager del negozio, che mi ha illustrato il "lavoro" e mi ha fatto un colloquio molto informale e disinvolto. Io vorrei ringraziare il cosmo per avermi concesso il primo colloquio della mia vita scozzese con un indigeno dall'accento comprensibile e dalla velocità di scansione-parole accettabile. Già immaginavo scene infelici con me che ripetevo "Sorry?" ogni cinque parole, distruggendo per sempre la mia futura carriera di lavoratrice gratuita.
Invece no; e quindi grazie David che ti sei palesato, grazie David che mi hai appioppato IL form da compilare, grazie David che hai parlato da bravo britannico.

Poi il buon David mi ha mollata nelle mani di Lindsey, che si occupa del magazzino, la quale, rimbambita dalle mie chiacchiere e domande varie, mi ha introdotta nel magico mondo della selezione-sacchi-neri-in-cui-c'è-de-tutto-sta-attenta-pure-le-mutande-ce-portano.
Il magazzino è un posto caotico in cui si ammassano sacchi di vestiti da indagare, montagne di libri da selezionare, giocattoli più o meno vissuti, stampelle con cose fantastiche appese in giro...pure un vestito da sposa!
Il magazzino, per una come me, è il paradiso in terra, in sintesi.

Mi faceva notare mia mamma al telefono che, se mi pagavano pure, avevo trovato definitivamente il mio posto nel mondo. :)

E niente, lunedì comincio, con tanto ottimismo.




venerdì 3 ottobre 2014

Tra tombe e sesti acuti

Ieri vi raccontavo della nostra passeggiata per le vie di Glasgow, stroncandovi simpaticamente sul più bello, quando vi facevo vedere, da lontano, la Cattedrale, e poi saluti e baci a tutti.

Però, c'è un però.
La cattedrale merita un post tutto per lei; e meriterebbe anche delle foto decenti (se solo Fabio non mi avesse abbandonata sul più bello, dedicandosi ai video e lasciandomi a fare foto col cellulare), ma vabbè.

Dicevamo...
 Già quei lampioni, sulla strada pedonale, che vi accompagnano verso St. Mungo, sono un anticipo dell'atmosfera fatata in cui vi state per immergere.

Se su di voi il gotico in tutte le sue sfaccettature ha lo stesso effetto esaltante e allo stesso tempo narcotizzante che ha su di me, siete capitati nel posto giusto.
La cattedrale, che risale al tardo XII secolo, è un esempio meraviglioso del Gotico scozzese. Dopo la Riforma è entrata a far parte della congregazione della Church of Scotland, e in realtà non sarebbe più una cattedrale nel senso proprio e ufficiale del termine, in quanto non più sede di alcun vescovo, ma quella di St. Mungo resta, nonostante tutto, LA cattedrale della città.


Si accede dall'ingresso laterale e, nel girare intorno alla chiesa, si nota sullo sfondo la collina che ospita la Necropoli di Glasgow. 
A questa vista, mi sono esaltata in maniera indecente, devo confessarlo.


Dopo aver indugiato a lungo, aggirandomi con l'espressione di Alice appena atterrata di sedere nella tana del Bianconiglio, mi decido ad avventurarmi all'interno. Ma prima mi accerto di aver saltellato con leggiadria su più o meno ogni tomba presente nell'"insospettabile" cimitero che circonda la cattedrale. 
C'era la strada, ovviamente, ma io niente: le lastre di marmo disposte disordinatamente nel praticello mi sono sembrate una stradina più folkloristica. 
Fabio invece ha scelto la via tradizionale. Io so' la sveglia della coppia, mi dicono.
Io e Fabio, come spesso accade quando gironzoliamo in viaggio, ci siamo separati tra le navate e ognuno si è perso nella sua personale esplorazione. Viaggiare è anche un'esperienza individuale, che prevede tempi diversi per ognuno: io sono una trottola, in movimento perpetuo finchè non ho indagato ogni angolo o non accuso troppo la stanchezza e mi si scaricano le pile, non riesco a domare l'entusiasmo; lui fa delle pause, si ferma a guardare, si siede, imposta la Canon con precisione, medita. 
Mi piace quando poi ci ritroviamo e scopriamo che ognuno ha visto qualcosa di diverso.

Entrando nella cattedrale, i miei occhietti entusiasti si sono spalancati ancora di più; purtroppo l'obiettivo dello smartphone più di tanto non poteva spalancarsi, invece.
Quello che vedrete è un tentativo vano di rendere giustizia alla meraviglia di questo posto.


L'interno della cattedrale è quasi buio, illuminato dalla luce che filtra attraverso stupende vetrate.
I banchi sono disposti all'interno della cappella più piccola, a cui si accede da un ingresso elegante e rivestito di velluto rosso.
Nello spazio vuoto che ti accoglie all'ingresso, solo alcune sedie, disposte intorno alle colonne, fiori e turisti.

 
Nella cripta si trova la tomba di St.Mungo, patrono e fondatore della città di Glasgow, a cui la cattedrale è dedicata. Io per le cripte ho una certa passione, da quando ero piccola e volevo sempre scendere "di sotto" a San Pietro. Ovviamente con la luce non c'è stato niente da fare, il mio telefono è buono e caro, ma insomma era chiedergli troppo. L'atmosfera, in ogni caso, non è stata deludente.  

Il suono dell'orologio della chiesa, per l'occasione preso d'assalto da decine di reflex asiatiche, ci ricorda che è mezzogiorno. E io mi ricordo della Necropoli, lì sulla collina, che volevo assolutamente vedere.

L'anima intimamente dark della mia adolescenza, si è risvegliata del tutto durante il percorso tra la cattedrale e l'ingresso del meraviglioso cimitero vittoriano. 
Roba gotica e vittoriana, sotto un cielo grigio, alberi storti e mattoncini ovunque: ohyess, avevo di nuovo quindici anni e la colonna sonora del Corvo nella testa. 


 Il silenzio assoluto, la perfezione "storta" di questo posto, il tono di verde dell'erba e la vista dalla collina mi hanno fatto capire il senso autentico del "Riposa in pace".
Adoro i cimiteri anglosassoni, ne avevo avuto un assaggio al Cimitero degli Inglesi alla Piramide, a Roma, con i gatti che passeggiavano tra angeli di pietra e tombe accavallate, mentre qualcuno leggeva, forse poesie, su una panchina.



Certo, scendendo dalla collina, da soli, accompagnati solo dallo scricchiolio dei nostri passi sui sassolini della strada, non ho potuto fare a meno di immaginare come sarebbe passeggiarci di notte, con le sagome nere delle statue che ti si stagliano di fronte dietro la curva: spaventoso, è la mia risposta.
Poi ti chiedi perché i romanzi gotici gli vengono così bene, a questi qua.

Tra una tomba e l'altra si è fatto tardi e per noi è ora di tornarcene verso casa.
Vi lascio con un paio di immagini della cattedrale, vista dalla stradina che risale la collina della necropoli. Sono rimasta a guardarla da lì per un po', per entrare in sintonia con l'aria di qui, e portarmene un po' dentro.



Alla prossima passeggiata.